Salve a tutti.
Ultimamente a causa di impegni personali non ho potuto scrivere sul blog come avrei voluto. Oggi voglio riprendere e lo faccio con una lettere scritta dal mio amico Italo Bigioli al mensile “Graffiti”. Speranzoso di stuzzicare il vostro interesse, sarei molto contento se qualcuno di voi contribuisse alla riflessione che Italo ci propone. Buona lettura a presto.
Egregio Direttore, scrivo al suo giornale nella speranza di riuscire a suscitare un dibattito sulla questione del destino del promontorio dell’Androla, nel comune di Cevo. Tra due mesi ricorrerà il primo anniversario del crollo della croce storta e della tragica morte di un giovane disabile; l’area è ancora sotto sequestro, il processo a carico dei presunti responsabili non pare imminente ed in paese, come in tutta la Valsaviore, si rincorrono le vociferazioni più diverse. Più di quindici anni fa la nostra associazione, assieme ad un gruppo di cittadini di Cevo, espresse la sua chiara contrarietà alla posa della croce del Job e, soprattutto, al progetto di cementificazione dell’area. Non era secondaria, nella nostra visione, la critica alla decisione di rendere permanente un’opera dal carattere provvisorio ed ispirata, a detta dello stesso Enrico Job, ad un quadro di Velasquez. La sua forma ricurva, infatti, è del tutto estranea all’iconografia tradizionalmente verticale delle croci destinate al culto. “E’ un segno, è un segno”, ripeteva il vescovo di Brescia, nella visita che fece sotto la croce poche ore dopo la tragedia. Ero presente e posso testimoniare il dolore e la costernazione del presule e del parroco di Cevo che lo accompagnava. Un capitolo importante è rappresentato anche dai costi ingenti sostenuti dagli enti pubblici nella speranza di una ricaduta “turistica” dell’operazione. Oggi, in un quadro complessivamente abbastanza desolante, è necessaria una riflessione che a questo punto deve coinvolgere le realtà vive di tutta la Valcamonica. Perché non cercare di attingere alla storia della nostra valle ed in modo particolare al suo patrimonio culturale dal valore universale rappresentato dal primo titolo per l’Italia della Lista dell’UNESCO? Non ci dicono niente quattrocentomila incisioni rupestri classificate rappresentanti, lungo un arco temporale di diecimila anni, la tensione spirituale e intellettuale di gruppi umani alla ricerca delle ragioni della vita e della morte, della verità e del mistero? Non è forse ora che la preziosa eredità contenuta dalla media valle, quella racchiusa tra il Pizzo Badile Camuno e la Concarena, dispieghi le sue potenzialità e venga valorizzata come in tutto il mondo si fa con ciò che di più prezioso si possiede? Ed infine cosa c’è di più prezioso per l’umanità di ciò che rappresenta l’inizio, l’origine delle cose? Dal promontorio dell’Androla si domina tutto il “Santuario Camuno del Cervo”, sembra che il disegno misterioso della natura l’abbia messo lì apposta per sollecitare la concentrazione, la meditazione, la preghiera. Se è così possiamo immaginarlo come luogo nel quale tutte le sensibilità trovino il modo di esprimersi. Non siamo alla ricerca del senso e del significato della vita come i nostri antenati? Perché non possiamo farlo facendo di questa tensione morale, intellettuale, spirituale, religiosa un elemento di reciproca comprensione in un luogo antico ed a questo destinato per millenni? Non è urgente oggi contrastare i venti di guerra che soffiano portando a pretesto civiltà, culture e religioni, con la creazione di spazi di espressione e libertà? Molte domande si affollano e le risposte non possono certo venire dalla sola buona volontà, c’è un bisogno urgente di riflessione, ricerca, studio e coinvolgimento ampio e senza discriminazioni. Chiudo con un’ennesima domanda, e se il segno che turbava il vescovo di Brescia fosse la sfida che il mondo antico rappresenta per l’uomo contemporaneo e che Pierpaolo Pasolini definiva: “La scandalosa forza rivoluzionaria del passato?”.
Grazie per l’attenzione.
Italo Bigioli per gli amici della natura di Saviore dell’Adamello.